GUCCI E PRADA, IL RINASCIMENTO MILANESE
Con Gucci la fashion week milanese decolla dal primo giorno. Da quando il giovane Alessandro Michele ha rivitalizzato la maison fiorentina anche Miuccia Prada sembra essersi svegliata dal torpore delle ultime stagioni, e più in generale la kermesse meneghina è tornata ai fasti di un tempo, di quegli anni novanta nei quali erano i creativi italiani a trainare il comparto Moda. La terza collezione femminile di Gucci sarà anche questa stagione il volano di un movimento rinato, sia nei brand storici che negli emergenti. Una collezione che, pur ricalcando il vintage androgino fatto di over-editing, si è fatta più streetwear, di un edonismo decadente che spazia da Gabriele D’Annunzio a Caterina De’ Medici. “Dalle feste rinascimentali di Lorenzo De’ Medici ai party glitter allo Studio 54 negli anni ottanta”, chiosa Michele che si è avvalso della collaborazione di Trevor Andrew, artista graffitaro di Brooklyn.
“Un indagine sulle donne. Sulle diverse personalità e sulla storia, come un collage di pezzi di vita”. Un grande lavoro di intelletto e di cuore, in bilico perfetto tra potenza e debolezza come nei momenti migliori del suo percorso creativo che così Miuccia Prada commenta, alla fine di una sfilata che comincia in maniera struggente con il canto di Edith Piaf e poi si fa rock e dark con PJ Harvey, con modelle che ondeggiano vagabonde, come in un mare in tempesta, con abiti a sottolineare il tormento e l’esperienza del viaggio. La vita stretta da corsetti, pendagli come piccoli libri, zeppe con ancore e fregi dorati, giacche da cacciatore e trweed inglesi.