RICCARDO VITANZA SI RACCONTA «IL TALENTO VA ALLENATO… SONO UN SELF MADE MAN»
Ironico, determinato, curioso, sognatore. In poche parole Riccardo Vitanza. Un uomo che ha costruito il suo destino da solo. Fondatore nel 1990 – e oggi amministratore delegato – di Parole&dintorni, l’agenzia di comunicazione specializzata nel settore dello spettacolo e della musica. Tra i suoi clienti vanta nomi come Luciano Ligabue, Elisa, Pino Daniele, Ornella Vanoni.
Dietro l’aspetto curato e la leggera inflessione milanese nella dizione, si nasconde l’affascinante storia di un uomo. Nato in Eritrea l’8 ottobre 1965, viene in Italia non ancora maggiorenne. Prima a Frosinone con la famiglia e poi a Milano «su esplicito desiderio di mia zia che voleva studiassi giurisprudenza».
Luciano Ligabue in un sms «Fai un lavoro molto difficile Riccardo ma lo fai con tanta abnegazione». Penso sia il complimento più bello che io abbia ricevuto da un’artista
Dopo cinque anni è costretto a lasciare il sogno forense per lavorare e contribuire alla difficile situazione economica dei genitori e comincia così nel 1987 la sua scalata professionale. Prima in un’agenzia di pubblicità come copywriter e poi curatore di un magazine di musica e addetto stampa in un locale afro-latino, lo Zimba. Con i contatti giusti nel 1990 apre da freelance Parole&dintorni. «Quando ero piccolo, avevo già il gene del comando perché decidevo sempre io i giochi con gli altri bambini». Appena sette anni dopo il bruco diventa farfalla e la ditta diventa una Srl. Il resto è storia.
Ho un carattere collerico, sono uno che fa versare lacrime e sangue all’inizio, in stile Full Metal Jacket. Ma amo la meritocrazia. È una lezione di vita
Imprenditore o capo ufficio stampa, in quale ruolo t’identifichi di più?
Assolutamente imprenditore. Sono uno che ama molto pianificare, gestire, coordinare, avere una visione a 360 gradi, sia nella vita professionale sia nella vita privata.
Dono di natura o professionalità acquisita con l’esperienza?
Dono di natura. Per fare l’imprenditore devi avere talento. E il talento poi va coltivato. Come nel gioco del calcio: Maradona, Pelé, Platini, tutti grandi che se fossero rimasti al solo talento non avrebbero avuto successo. Il talento deve esserci alla base ma deve costantemente essere allenato.
A che età hai iniziato a frequentare il mondo dello spettacolo e in particolare della musica?
A quello della musica mi sono avvicinato casualmente. Da adolescente ero più fanatico del calcio, tifoso juventino da sempre. A un certo punto nel locale dove lavoravo come caporedattore di una rivista di musica, mi è stato chiesto di fare l’addetto stampa per gli eventi. Iniziai con Ziggy Marley, il figlio di Bob Marley, nel settembre del 1979.
E com’è nata l’idea di Parole&dintorni?
Nel momento in cui ho iniziato ad agire da freelance. Fin da piccolo sognavo di diventare giornalista o giornalaio. Avevo una tale passione che quando arrivavo al circolo del dopolavoro, invece di giocare con i bambini, andavo nella stanza dei grandi a vedere i giornali che arrivavano dall’Italia. L’Europeo, Epoca, Panorama. E io avevo il vizio di annusarli; poi sfogliavo e leggevo. Non sono diventato né editore né giornalista ma qualcosa nel destino era già scritto.
La tua filosofia?
Ho due motti. Forte con i forti e debole coi deboli. Ma nel lavoro la filosofia è L’ufficio stampa propone, il giornale dispone.
Coi tuoi dipendenti che rapporti hai?
Con alcuni ho avuto rapporti di odio/amore. Ho un carattere collerico, sono uno che fa versare lacrime e sangue all’inizio, in stile Full Metal Jacket. Ho una doppia personalità. Sono Vitanza e sono Riccardo. Vitanza è il capo, un grande str***o, che al primo errore fa scendere la scure, che non concede la seconda possibilità. Riccardo è la persona più buona dolce e generosa del mondo. Amo la meritocrazia. Quando tu riesci a digerire Vitanza, alla fine ricevi in premio Riccardo. È una lezione di vita. Io stesso non ho avuto nei miei primi anni una vita agiata. Ho sempre vissuto in condizioni economiche disastrose. Avevo due pantaloni, “uno lava e uno metti”. Gli occhiali – 210.000 lire – mio padre non poteva comprarmeli; ho aspettato ventuno mesi di paghetta per permettermeli. La mia è una storia da self made man.
Riesci ad essere sempre super partes tra gli artisti che curi?
Cerco di esserlo. Lo sono quasi sempre. In alcuni casi però c’è quella componente emotiva che esce fuori.
Quindi di qualche tuo artista sei anche fan?
Sono davvero legato a Ligabue, tanto. Mi occupo di Luciano dal 2005. È una persona davvero rara in questo ambiente. Ti ascolta molto ed è uno che chiede scusa. Quando ricevo delle sue telefonate esordisce sempre con «Ricky ti disturbo?» e un’altra cosa sua meravigliosa è un sms in cui mi ha scritto «Fai un lavoro molto difficile Riccardo ma lo fai con tanta abnegazione». Penso sia il complimento più bello che io abbia ricevuto da un’artista.
Hai altri sogni nel cassetto da realizzare?
Riuscire a vivere la vita in modo più tranquillo. Staccare e lasciare la mano alle nuove generazioni. Ormai tra due anni ne faccio 50 e sto preparando la mia uscita di scena. A 50 anni penso di lasciare definitivamente il mondo della comunicazione.
Per andare a fare?
Rimango nel settore delle produzioni e del management, ma dopo 25 anni di comunicazione è ora di appendere il comunicato stampa al chiodo.